Gli Ateniesi, allarmati per la decadenza interna della loro Repubblica, chiesero a Demostene cosa fare. La sua risposta fu: "Non fate ciò che state facendo ora".
Una fabbrica era ferma perché un complesso macchinario di produzioneindustriale si era fermato. Venne chiamato un consulente il quale, dopo aver studiato attentamente il complesso meccanismo, fece due segni col gesso sullo stesso, tra viti, pistoni e congegni vari. Prese poi a ripararlo, impiegandoci due ore. La sua fattura fu così composta: "Riparazione delle dinamo, 1000 dollari: 2 ore di lavoro, 10 dollari; sapere dove fare il segno, 1990 dollari".
“Tarquinio il Superbo per impossessarsi di Gabi, una città che sorgeva tra Roma e Preneste, mandò il figlio Sesto presso i gabini. Questo ottenne tanto favore e simpatia che i gabini ritennero che fosse un condottiero mandato loro per grazia divina. E Sesto: Quando vide di essere abbastanza forte per potere prendere l’iniziativa, mandò uno dei suoi fidi a Roma per chiedere al padre che cosa dovesse fare, dal momento che gli dei avevano concesso di poter disporre tutto a Gabi. A questo ambasciatore il re non diede alcuna risposta, forse, penso, poiché non era certo della sua fedeltà; ma pensoso andò nel giardino della reggia, seguito dal messaggero del figlio; e passeggiando in silenzio si racconta che troncasse con un bastone le teste più alte dei papaveri. Il messo, stancatosi di chiedere e di aspettare inutilmente risposta, ritenendo la sua missione vana, ritornò a Gabi; riferì quel che aveva detto e quel che aveva visto, dicendo che il re, o per rabbia o per odio o per il suo caratteresuperbo, non aveva detto parola. Sesto quando capì che cosa volesse il padre e che cosa gli ordinasse con il suo silenzio enigmatico, eliminò i cittadini più in vista della città, alcuni accusandoli davanti al popolo, altri facendo leva sull’odiopopolare che si erano attirati. Molti furono uccisi in pubblico, altri contro cui non riusciva a trovare una plausibile accusa, furono uccisi segretamente. A qualcuno fu permesso di lasciare volontariamente la città, altri furono esiliati e gli averi degli assenti furono divisi come quelli degli uccisi.”
“Racconta Gaspare Casella: 'La madre dei De Filippo faceva la sarta nella compagnia di Eduardo Scarpetta. Il capocomico aveva, in camerino, un piccolo divano. Quando, durante una recita, Eduardo sentiva che qualcosa si risvegliava, appena calato il sipario correva in camerino, si strappava un bottone della giacca, chiamava il portaceste e ordinava che gli mandassero la sarta. Tutti sapevano come si sarebbe risolta la faccenda, su quel tale divanetto… Eduardo De Filippo, Titina, Peppino sono tutti figli di un bottone'.”
“Un episodio riassume nella mia memoria questi aspetti della personalità del finanziere e mecenate Vittorio Cini e la delusione che io finii per provarne. Nel 1963 avevo conosciuto il miliardarioamericano J. Paul Getty, dal quale mi recavo quasi ogni mese. Questa relazione incuriosiva, o affascinava, Cini. Si persuase, non so su quali basi, che ne ricavavo enormi somme di denaro e soprattutto credeva che Getty mi avesse concesso una percentuale sui suoi affari di petrolio. Era un'idea del tutto falsa, assolutamente irreale, eppure Cini voleva crederci. Un giorno, verso la fine degli anni '60, mi prese in disparte e tentò di affrontare la questione. Cini e io ci davamo del lei, come usa tra personeeducate e di condizioni sociali molto distanti. ‘Lei è dunque divenuto ricchissimo?’ finì col domandarmi, lasciandomi interdetto. Non volevo deluderlo, anche perché ero curioso di vedere dove sarebbe arrivato: gli risposi di sì. Cominciò un elenco di cifre: un milione, dieci milioni, venti milioni di dollari? Rimasi indifferente: ‘Oh, no, molto di più. Del resto lo sa lei stesso, con una fortuna importante è difficile fissare i limiti.’ Al che Cini concluse: ‘Ma allora lei appartiene alla nostra élite! Ora possiamo darci del tu.’ Come un tipico rappresentante della borghesia italiana non poteva sfuggire a questo spirito di gruppo fondato sui rapporti di forza e di servilismo dove nulla conta, se non il luccichio del potere.”
Mi piace la storia di cosa è successo ai tempi del Muro di Berlino. Un giorno alcuni dei berlinesi dell'est decisero di mandare ai loro avversari di Berlino Ovest un piccolo 'regalo'. Caricarono un camion per il trasporto dell'immondizia con degli scarti, mattoni rotti, pietre, materiale da costruzione e molte altre cose di nessun valore. Poi condussero il camion attraverso il confine, ottennero il permesso di valicarlo, e rovesciarono il suo contenuto nella zona di Berlino Ovest. È superfluo dire che i berlinesi dell'ovest erano infuriati e desiderosi di 'prendersi una rivincita' su di loro. Fortunatamente, un uomo molto saggio intervenne per dare un consiglio completamente diverso. Come risultato, la risposta arrivò in forma di un camion carico di cibo (che era scarso a Berlino Est), vestiti (anche scarsi), forniture mediche (ancora più scarse), una serie di altri prodotti di necessità. Portarono il camion attraverso il confine, lo scaricarono attentamente, e lasciarono un bel cartello che recitava, "Ciascuno dà a seconda della sua capacità di dare".