“Ci rivedremo a Filippi.”
Il Machiavelli in una sua lettera, rendendo conto all'amico Vettori di come passa le sue giornate in campagna fra le occupazioni rustiche che gli prendono la maggior parte del tempo, aggiunge che la sera, quando ha finito di zappare, di sarchiare, di concimare, si pulisce con la massima diligenza, indossa l'abito migliore per presentarsi agli illustri e grandi personaggi, o per meglio dire, agli "spiriti magni" che lo attendono nel suo studio: Platone, Tacito, Cesare, messer Dante Alighieri...
Ero in piazza Navona, il cuore della città. A un certo punto vedo spuntare, prima a destra e poi a sinistra, quattro ceffi che non promettevano niente di buono. Questi ti fanno blu, mi sono detto. Per fortuna, arrivato a pochi passi da me, uno dei ceffi mi riconosce: "Albe' - grida - Albertone bello, ma dove cavolo vai a quest'ora di notte?". E rimettendo in tasca qualcosa, che poteva essere una pistola o un coltello, mi dà una gran botta sulla spalla. Così fanno anche gli altri manigoldi. "Andiamo a bere qualcosa!" dice uno coi baffi. "No, grazie - mi difendo - ho un gran mal di testa, fate finta che ho accettato". Qualche volta anche i teppisti hanno un'anima. Ma fino a quando?
Una fabbrica era ferma perché un complesso macchinario di produzioneindustriale si era fermato. Venne chiamato un consulente il quale, dopo aver studiato attentamente il complesso meccanismo, fece due segni col gesso sullo stesso, tra viti, pistoni e congegni vari. Prese poi a ripararlo, impiegandoci due ore. La sua fattura fu così composta: "Riparazione delle dinamo, 1000 dollari: 2 ore di lavoro, 10 dollari; sapere dove fare il segno, 1990 dollari".
“Tarquinio il Superbo per impossessarsi di Gabi, una città che sorgeva tra Roma e Preneste, mandò il figlio Sesto presso i gabini. Questo ottenne tanto favore e simpatia che i gabini ritennero che fosse un condottiero mandato loro per grazia divina. E Sesto: Quando vide di essere abbastanza forte per potere prendere l’iniziativa, mandò uno dei suoi fidi a Roma per chiedere al padre che cosa dovesse fare, dal momento che gli dei avevano concesso di poter disporre tutto a Gabi. A questo ambasciatore il re non diede alcuna risposta, forse, penso, poiché non era certo della sua fedeltà; ma pensoso andò nel giardino della reggia, seguito dal messaggero del figlio; e passeggiando in silenzio si racconta che troncasse con un bastone le teste più alte dei papaveri. Il messo, stancatosi di chiedere e di aspettare inutilmente risposta, ritenendo la sua missione vana, ritornò a Gabi; riferì quel che aveva detto e quel che aveva visto, dicendo che il re, o per rabbia o per odio o per il suo caratteresuperbo, non aveva detto parola. Sesto quando capì che cosa volesse il padre e che cosa gli ordinasse con il suo silenzio enigmatico, eliminò i cittadini più in vista della città, alcuni accusandoli davanti al popolo, altri facendo leva sull’odiopopolare che si erano attirati. Molti furono uccisi in pubblico, altri contro cui non riusciva a trovare una plausibile accusa, furono uccisi segretamente. A qualcuno fu permesso di lasciare volontariamente la città, altri furono esiliati e gli averi degli assenti furono divisi come quelli degli uccisi.”
“Racconta Gaspare Casella: 'La madre dei De Filippo faceva la sarta nella compagnia di Eduardo Scarpetta. Il capocomico aveva, in camerino, un piccolo divano. Quando, durante una recita, Eduardo sentiva che qualcosa si risvegliava, appena calato il sipario correva in camerino, si strappava un bottone della giacca, chiamava il portaceste e ordinava che gli mandassero la sarta. Tutti sapevano come si sarebbe risolta la faccenda, su quel tale divanetto… Eduardo De Filippo, Titina, Peppino sono tutti figli di un bottone'.”