“Nella primavera del 1944, dopo la famosa 'svolta', Togliatti era a Salerno ministro nel governo presieduto dal maresciallo Badoglio. Un giorno il ministro degli Esteri, che era Carlo Sforza, chiese che il governo lanciasse un pubblico appello agli italiani delle due parti del fronte per salvare la patria divisa e sofferente. Tutti furono d'accordo e senza eccedere nell'immaginazione diedero incarico di scrivere l'appello a Benedetto Croce, considerato come il più alfabetizzato del gabinetto. Croce si consultò con Sforza: che tono tenere? E se Togliatti farà le sue obiezioni? Niente paura disse Sforza che era un esperto diplomatico. Croce carichi pure il linguaggio, se Togliatti obiettava ci avrebbe pensato lui, Sforza, a trovare un punto di compromesso. Così nella seduta successiva del Consiglio dei ministri Croce lesse l'appello e tutti attesero l'intervento del comunista, che sembrava immerso in una profonda riflessione. A un certo punto chiese la parola. Ecco, ci siamo si scambiarono un'occhiata Croce e Sforza. Togliatti cominciò così: 'È un buon documento; sì, proprio buono, all'altezza della situazione. Ho solo un'osservazione da fare (tutti attenti, adesso ci siamo): non si mette il gerundio all'inizio di una frase; ce lo ha insegnato il nostro don Basilio; non è vero, don Benedetto?' concluse rivolgendosi a Croce. Il richiamo al grande purista napoletano Basilio Puoti impediva qualsiasi replica.”

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Vittorio Foa
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Nato 18 settembre 1910 a Torino
Morto 2008 a Formia, LT

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Due giovani lavoravano entrambi nella stessa azienda da anni e furono sconvolti quando, senza preavviso, l'impresa chiuse e si ritrovarono disoccupati. Tutti e due si misero a cercare un lavoro. Il primo giovane era preoccupatissimo. Odiava l'idea di cambiare, impararecosenuove e conoscere nuovepersone, ma si obbligava a ricordare che non aveva scelta se voleva guadagnare. L'altro prendeva le cose con più filosofia, e pensava al cambiamento come un'opportunità per crescere. Senza saperlo, fecero un colloquio per un posto nella stessa azienda, molto simile a quella che avevano lasciato. Il primo giovane si agitò sulla sedia per tutta la durata del colloquio e verso la fine gli chiesero se aveva delle domande. "Sì, - disse, - potrebbe dirmi come sono le persone che lavorano qui?" L'uomoanziano e saggio che gli faceva il colloquio, si sporse verso il giovane, che stava dall'altra parte del tavolo, e gli rispose: "Mi parli prima del posto che ha lasciato. Com'erano le persone lì?" "Non un granché, devo confessare - disse il ragazzo, con una certa foga - erano persone difficili, litigiose e testarde". "E allora mi rincresce dirle che troverebbe qui la stessa situazione" disse il vecchio. Il giorno successivo arrivò al colloquio l'altro giovane, e anche a lui fu chiesto se aveva delle domande. "Oh, sì - disse allegramente - mi potreste dire come sono le persone che lavorano qui?" Di nuovo, il vecchio rispose: "Mi dica prima qualcosa sul posto che ha lasciato. Com'erano i suoi colleghi?" "Deliziosi! - si entusiasmò il ragazzo - erano pieni di calore ed affettuosi, cortesi e gentili. Mi è dispiaciuto molto andarmene". Il vecchio gli disse con un sorriso: "In questo caso, sono lieto di dirle che troverà qui persone dello stesso tipo".

~ Cit. Anonimo





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