A essere “inquinata” non è soltanto la nostra terra, ma anche la nostra coscienza.
“Cambiò il mondo. Cambiò il nemico. La morte ebbe facce nuove che non conoscevamo ancora. Non si vedeva, la morte, non si toccava, non aveva odore. Mancavano persino le parole, per raccontare della gente che aveva paura dell’acqua, della terra, dei fiori, degli alberi. Perché niente di simile era mai accaduto, prima. Le cose erano le stesse – i fiori avevano la solita forma, il solito odore – eppure potevano uccidere. Il mondo era il solito e non era più lo stesso.”
“Ho capito che nella vita ci sono cose spaventose che accadono in modo tranquillo e naturale.”
“A un tratto ho cominciato ad avere dei dubbi. Cos’era meglio: ricordare o dimenticare? Ho sottoposto la questione ai miei conoscenti. Alcuni hanno dimenticato, altri non vogliono ricordare, perché tanto non possiamo nemmeno andarcene da qui…”
“Cernobyl è un soggetto alla Dostoevskij. Un tentativo di giustificazione dell’uomo. E se fosse invece tutto molto più semplice? Se fosse sufficiente entrare nel mondo in punta dei piedi e fermarsi sulla soglia?”
“Un avvenimento raccontato da una sola persona riguarda il destino di questa persona, raccontato da molti è già storia.”
“La cosa più giusta del mondo è la morte. Nessuno è riuscito ancora a imbrogliarla.”