“Le parole non bastano e sdraiarsi nel comodo letto della vanità ciarliera è come farsi smidollare da una cupa e sonnolenta meretrice.”
“Sognare è un fiume profondo, che precipita a una lontana sorgiva, ripùllula nel mattino di verità.”
“Il mio gran male è stato sempre e sarà sempre uno: quello di desiderare e sognare, invece di volere e fare.”
“La collettività subisce l'incanto non più del maestro, nel seno delle arti e mestieri, ma d'un istrione millantatore.”
“Quell'occhio laterale che cianno i polli che pare una trovata di Picasso, un oblò del cesso, d'un cesso vuoto d'ogni intendimento e d'ogni attitudine a spiare, babordo o tribordo. E invece te guardano.”
“L'io, io!… il più lurido di tutti i pronomi!… I pronomi! Sono i pidocchi del pensiero.”
“Era il male oscuro di cui le storie e le leggi e le universe discipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare la causa, i modi: e lo si porta dentro di sé per tutto il fulgurato scoscendere d'una vita, più greve ogni giorno, immedicato.”
“Le frasi destituite di senso hanno grande effetto su taluni giovani, i quali chiedono alla vita una sola cosa: fare, con il cervello, la minor faticapossibile. In subordine, avere un po' di quattrini in tasca.”
Le "parole" sono ancelle d'una Circe bagasciona, e tramutano in bestia chi si lascia affascinare dal loro tintinnìo.
“L'integrale dei fuggenti attimi è l'ora.”
“L'attimo fuggiva, oh, che altro può fare un attimo?”
“Gli Alberi... niente gesti: moltiplicano solo le braccia, le mani, le dita - alla maniera dei Buddha. E così, oziosi, vanno in fondo ai pensieri. Non sono altro che volontà d'espressione. Non hanno per se stessi nulla di nascosto, non possono tenere un'idea segreta, si spiegano interamente, onestamente, senza restrizioni. Oziosi, passano tutto il tempo a complicare la propria forma, a perfezionare nel senso d'una maggiore complessità d'analisi il proprio corpo.”
“Le parole sacre, vedute le labbra dell'autore. Ne rifuggono. Le cose sacre, veduto il cuore dell'autore, vi si fermano.”
“Un certo Baffi, ex cuoco malato di vescica: per mingere ritiravasi ne’ suoi appartamenti a ore fisse: aveva bisogno di un impianto idraulico.”
“A Erba c’era la carrozza: questa macchina è un edificio con 4 ruote e un soffietto di cuoio incartapecorito e secco, odoroso di stalla e di cosce di cavallo sudato: davanti, sulla cassetta, c’è l’odore proprio del vetturino e la martinicca, meccanismo magnifico della tecnica moderna per frenare, in forma di cavatappi e macinino del caffè. Un esaurito quadrupede la strascina anfanando con dei rantoli inesplicabili per il polverone immedicabile di quelle strade, lazzerone sì, ma ancora capace di depositar polpette sul predellino, sollevata la coda e messo in mostra un rosone color pomodoro, invito brianzolo ai misteri pitagorici. – Il vetturino quelle polpette le butta giù ma non tutte, perché qualcuna gli serve di scaldapiedi, nell’aura vespertina.”