“La gente ha paura di dire quello che pensa. Perché se ne vergogna. Specie se le capita di farsi delle domande un po’ bislacche, ma belle. Tipo perché certe cose vanno in un modo anziché in un altro. E vorrebbe inalberarsi un attimo, ma non lo fa. Vive molto piú tranquilla se si associa al pensiero comune, che poi è l’interpretazione ufficiale della realtà, il bugiardino delle relazioni umane.”

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Diego De Silva
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Nato 5 febbraio 1964

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“L'ora di religione è ancora considerata parte di una tradizione nazionale: le famiglie, anche se non praticanti, continuano a scegliere questa possibilità per i propri figli. Perché? La risposta è abbastanza semplice: il genitoreitaliano teme che iscrivere il proprio figlio a un insegnamento alternativo alla religione cattolica significhi esporlo al rischio di isolamento dal gruppo. Quindi si preferisce che il bambino segua un insegnamento che non si considera appropriato, forse più per un legame culturale con le radici cattoliche del nostro Paese che per una convinta e profonda adesione ai contenuti di volta in volta trasmessi in aula. Rifiutare l’insegnamento della religione è una decisione percepita quasi come una frattura con le tradizioni consolidate della nostra società e quindi con la nostra identità. I bambini e gli adolescenti amano stare in compagnia e soffrono soprattutto se vengono isolati dai gruppi che si creano naturalmente fra i compagni di scuola. Inoltre, si fanno molte più domande di un adulto ma sono anche più naturalmente propensi a credere a quello che viene detto loro. Ed è bene che sia cosi, l’evoluzione stessa li ha dotati di questa caratteristica perché l’allungamento del processo di maturazione che caratterizza la nostra specie richiede una guida prolungata da parte degli individui adulti, come i genitori e i maestri. Il senso di appartenenza e di identificazione con un gruppo, sia esso composto dai famigliari o dai coetanei, è altrettanto importante per la sopravvivenza. In questo senso i bambini sono naturalmente un po’ creduloni e tendono ad allinearsi con gli altri compagni.”



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