“Viviamo in un mondo ovattato, ci lamentiamo per poco.”
“La nostra società contemporanea è una società della sfiducia. È un mondo in cui la paura vince e il sospetto dilaga. Perché la fiducia è pensata e concepita solo come riproduzione contrattuale del rapportodebitore-creditore. La fiducia è invece una scommessa, dove ci si assume il rischio della relazione con il proprio simile. Una scommessa in cui si può vincere o perdere, in cui nulla è garantito, ma il cui risultato è sempre un’apertura verso il mondo. Dare fiducia è infatti indispensabile per non restare prigionieri di una solitudine sterile, anche quando l’altro si dimostra non degno della fiducia accordata e la disattende.”
“La fiducia, a differenza del credito, rimanda a qualcosa che è al tempo stesso fondamentale e pericoloso. Nelle nostre società occidentali, soprattutto anglosassoni, pensiamo di poter gestire tutto, al punto di colpevolizzare quelli che falliscono, come se la mancanza di autocontrollo fosse l’indice di una spiacevole debolezza che bisognerà, prima o poi, correggere. Per questo ognuno teme l’irrompere dell’inatteso: abbiamo talmente paura del futuro che siamo disposti ad assumere qualsiasi comportamento compulsivo per neutralizzare ciò che percepiamo come pericoloso. Ma i comportamenti compulsivi tesi a combattere la paura non fanno che generare spesso un’angoscia ancora più grande. Il meccanismo continua ad autoalimentarsi, in una escalation senza fine. Perché la paura è spesso irrazionale e sempre contagiosa. E a forza di fare qualsiasi cosa per allontanare il pericolo, si assiste a un rilancio dell’angoscia. A differenza della paura che porta ognuno a rifugiarsi in un universo chiuso, in cui niente è più possibile, la fiducia aiuta a uscire da questo stato di paralisi. Ci permette di scommettere di nuovo su noi stessi, sugli altri, sul futuro, rompendo il circolo vizioso dell’angoscia.”
“La Venezia di oggi è iper-stressata. E, secondo me, questo stress non è sostenibile.”
“La comunicazione oggi è quasi totalmente digitale quindi va assolutamente vissuta e compresa. Bisogna sapere usare questi nuovi strumenti senza permettere che siano loro ad usare te e senza scollegarsi troppo dalla realtà. ”
“Oggi l’insegnante deve fare ben altro. Recupera. Colma. Accoglie. Progetta. Esplicita. Pianifica l’offerta, cura l’utenza, individua i percorsi, stabilisce gli obiettivi, disegna la mappa, costruisce la griglia, indica i saperi, fornisce un metodo, studia le strategie, usa gli strumenti, stabilisce i criteri, valuta oggettivamente, si autovaluta, si monitorizza, certifica le competenze, somministra i test, verifica in itinere, rispetta gli obiettivi, organizza i moduli, percorre i percorsi, si aggiorna nei contenuti e nei metodi, mette in atto il processo educativo, esplicita le competenze, concretizza le conoscenze, verifica l’apprendimento, si relaziona agli altri enti – anche e preferibilmente in contesti variabili – governa i conflitti, lavora sul territorio, innalza il tasso, il successo scolastico... ma soprattutto è flessibile, flessibile e disponibile, disponibile al cambiamento... Un mare.”