“La morte di un romanzo è l’incubo di tutti gli aspiranti scrittori.”
Nel 1986 sembrava ancora naturale per degli scrittoridichiarare di essere, come disse Shelley, “i misconosciuti legislatori del mondo”, di credere nell’arte delle lettere come giusto contrappeso del potere, e di vedere nella letteratura una nobileforza transnazionale e transculturale che poteva, secondo la grande formulazione di Bellow, “allargare un poco l’universo”. Vent’anni dopo, in un mondo ammutolito e spaventato, semplici artigiani delle parole avrebbero trovato più difficile fare certe dichiarazioni. Più difficile, ma forse non meno necessario.
“Gli scrittori e i politici sono naturalmente rivali. Entrambi i gruppi cercano di rendere il mondo a loro immagine; combattono per il possesso dello stesso territorio.”
“Diffidate degli scrittori che si attaccano ai grandi soggetti, alle biografie degli uomini riputati enormi. Sono come quelli che si lasciano crescere la barba per nascondere il mento troppo corto.”
“Lo scrittore deve essere un testimone incorruttibile della sua epoca, deve avere il coraggio di dire la verità ed ergersi contro qualsiasi governo che, accecato dai propri interessi, perda di vista la sacralità della persona.”
“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.”