“Gale è mio. Io sono sua. Qualsiasi altra cosa è impensabile. Perché ho avuto bisogno che lui venisse frustato fin quasi a morire per capirlo? Perché sono egoista. Sono vigliacca.”
“Sono una donnaforte, decisa, che sa quello che vuole e che lotta per tutto ciò che ama. Sono appassionata e ribelle.”
“Se qualcuno vi dice: Tizio mi tratta malissimo, e voi chiedete: Ma allora, perché non lo lasci? quella persona non saprà cosa rispondere. La verità è che ha bisogno dell'altro per punire se stessa.”
Nel 1986 sembrava ancora naturale per degli scrittoridichiarare di essere, come disse Shelley, “i misconosciuti legislatori del mondo”, di credere nell’arte delle lettere come giusto contrappeso del potere, e di vedere nella letteratura una nobileforza transnazionale e transculturale che poteva, secondo la grande formulazione di Bellow, “allargare un poco l’universo”. Vent’anni dopo, in un mondo ammutolito e spaventato, semplici artigiani delle parole avrebbero trovato più difficile fare certe dichiarazioni. Più difficile, ma forse non meno necessario.
“Sono la somma di tutto ciò che è accaduto prima di me, di tutto ciò che mi si è visto fare, di tutto ciò che mi è stato fatto.”
“Io sono ciò che ho.”