“Quando viviamo non pensiamo mai davvero ai morti. Pensiamo magari a quello che ci hanno lasciato, ai ricordi, alle belle parole. Non ci sfiora la profondità dell’abisso di non essere altro che nulla. Ma quando una persona cara, a noi vicina, ci lascia: come un padre, una madre, o la persona che amiamo, allora si apre una specie di tela.”
“A me la morte mi fa morire di paura perché morendo si lasciano troppe cose che poi non si vedranno mai più: gli amici, quelli della famiglia, i fiori dei viali che hanno quell'odore e tutta la gente che ho incontrato anche una sola volta.”
“La limitazione della capacità non è mai riconosciuta come una perdita da chi la perde.”
“C’è un tormento che di solito aggiungiamo volontariamente e senza necessità alla paura della morte: quando ci uniamo idealmente al dolore che gli altri proveranno alla nostra scomparsa. Se il problema fosse tutto qui, potremmo senz'altro metterci il cuore in pace. La patetica esortazione incisa sulle tombe di campagna, «Non vi addolorate per me, moglie mia e figli cari», ecc., viene in genere presto seguita alla lettera. Non lasciamo poi un vuoto tanto grande nella società come siamo inclini a credere, un po’ per aumentare la nostra importanza e un po’ per consolarci con la compassione postuma.”
“Mentre vivevamo, il mondo sembrava in un certo senso non esistere che per noi, per la nostra delizia e il nostro divertimento, perché a questi fini contribuiva. Ma i nostri cuori hanno cessato di battere e il mondo continua come al solito, e pensa a noi tanto poco come quando eravamo in vita.”
“Sfortunato è colui che non può guadagnarsi alcuni amici sinceri durante la sua vita e più sfortunato è colui che li ha avuti e poi persi. (attraverso le sue azioni).”