“L’esperienza e la naturaleperspicacia gli dicevano che ora aveva da fare con una creatura tutt’altro che comune, una donna che non si limitava a minacciare ma che era pronta a tradurre queste minacce in azioni irreparabili, incurante degli ostacoli poiché, al mondo, niente poteva più essergli caro. Sarebbe stato inutile cercare di sedurla con le buone parole o con le promesse perché, nella sua aggressione, c’era un fermento velenoso dello spirito e del cuore, una specie di smania romantica, Dio sa contro chi e contro cosa. In quello che Nastas’ja Filippovna diceva, trapelava un sentimento di disprezzo mai saziato, un disprezzo che passava ogni misura, in una parola, una cosa sommamente ridicola, una spina nel fianco dei doveri imposti dalla buona società, un tormento che per un uomo a modo come lui poteva tramutarsi in un vero castigo di Dio.”