“C’è un piacere intrinseco nel lavoro ben fatto, un lavoro che siamo stati noi, proprio noi, a fare, con le nostre abilità, dando prova di dedizione. E così, lentamente, forse impercettibilmente, nasce quel piacere dei piaceri: il «piacere dell’attaccamento», la cui salutarecrescita si deve in uguale misura alle qualità dell’oggetto di cui ci si prende cura e alla qualità delle cure. Quell’elusivo ma fin troppo reale e irresistibile piacere dell’«Io-Tu», del «viviamo l’uno per l’altro», del «siamo una cosa sola». Il piacere di «fare una differenza» che non sia importante solo per sé. Di avere un effetto e lasciare un segno. Di sentirsi necessari e insostituibili. Una sensazione profondamente piacevole, anche se tanto difficile da ottenere e completamente irraggiungibile, se non inconcepibile, quando ci si trova soli con la cura di sé, quando l’attenzione è concentrata in modo angusto sulla creazione, affermazione e valorizzazione di se stessi. Quella sensazione può venire solo dal sedimentarsi del tempo, di tempo riempito dalle cure – le cure che sono il filo prezioso di cui sono intessute le tele rilucenti dell’attaccamento e della comunanza.”
“Uno va dal prossimo perché cerca se stesso, un altro, perché vorrebbe perdere se stesso.”
“Da quando vi sono uomini, l'uomo ha gioito troppo poco: solo questo, fratelli, è il nostro peccatooriginale!”
“Difficile è vivere con gli uomini, perché tacere è così difficile.”
“Non puoi star bene con gli altri, se non stai bene con te stesso.”
“Nella separazione. Non nel modo in cui un'anima si accosta all'altra, ma nel modo in cui se ne allontana, riconosco la sua parentela e affinità con l'altra.”