“Lasciami lasciami staredico alla voce interioreche mi corrode da dentrobacchetta fragilità.”
“Mi succede a ogni trasloco: bastaun libro poggiato sopra un mobilepoi si allarga come l’edera sui muri,in poco tempo la casa è una foresta.Dopo tre mesi c’è già la fiorituraè una festa di forme e di colori,dai volumi si sprigiona il coroproprio della specie, l’impostura.”
“A notte fonda, se non funziona la pastiglia, guardo gli animalisullo schermo del computer.Mi calmano le ali, la savana, lo sterno carenato degli uccelli.Aspetto gli sbadigli dei feliniquelli docili dei gatti soprattutto.Dopo sbadigliando torno a letto.”
“Difficile dire se il movente siail rifugio oppure la competizione.Certo è sorprendente ingegneriail nido incastonato nella tombadegli etruschi. Fanno capolinodue rondini neonate, i becchispalancati davanti agli antenatiche volano silenti negli affreschi.”
“Sono stormi, queste ottave di novembre,si chiamano a raccolta come per istinto,da settimane fanno disegni sopra i tetti.È il freddo, dicono gli etologi, o è la luceche ora spegne il giorno troppo presto.A metà dicembre, pare, se ne andrannotutti, il cielo di colpo cambierà la voce.”
“Chissà se fece qualche suono, al tempodel Cambriano, lo schiudersi degli occhi,se fu piú scoppio, come di popcorn controil coperchio, o piú l’apertura di un sipario,se fu piú sconcerto oppure apparizione.Di certo va datata a quel momento,seicento milioni di anni è l’anniversario,la fine, o l’estinzione, dell’immaginazione.”