Un figlio non dovrebbe mai smettere di poter dire “mamma”, aveva pensato un giorno.
“I figli rientrano alla voce «Bambini», d’altra parte. Perciò, che sia lecito dirlo oppure no, ecco: esistono figli adorabili e figliprepotenti, prudenti e scalmanati, belli e brutti, intelligenti e lenti, sensibili e vacui. Figli che ti somigliano e figli che non sai da dove cominciare. Non è vero che i figli sono tutti uguali, è una menzogna perpetuata dalla secolare litanìa della «gente perbene», una bugia che ogni genitore conosce, che reprime e occulta insieme al senso di colpa di saperla.”
“Mi hai messo in bocca tutte le parole a cucchiaini, tranne una: mamma. Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra.”
“Il tramonto finì con le parole di papà che mi diceva che un giorno anche noi saremmo andati in America con l’Andrea Doria. Nel porto di New York avrebbero suonato le sirene, sull’oceano avremmo visto onde immense, e a bordo saremmo andati al cinema. Infondeva in noi la sua fiducia nei giorni futuri, il nostro diritto di salirescale di case migliori, di navi perfino.”
“In te sono stato albume, uovo, pesce, le ere sconfinate della terra ho attraversato nella tua placenta, fuori di te sono contato a giorni. In te sono passato da cellula a scheletro un milione di volte mi sono ingrandito, fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno. Sono sgusciato dalla tua pienezza senza lasciarti vuota perché il vuoto l’ho portato con me. Sono venuto nudo, mi hai coperto così ho imparato nudità e pudore il latte e la sua assenza.”
“Eri dispiaciuta di avermi sgridato, ma ancora di più ti addolorava il mio silenzio, attribuito al difetto che impediva la difesa. Male mi intendeva il tuo rammarico. Piansi sotto il tuo braccio per averti procurato una colpa, per quello che pensavi di buono su di me, perché tu eri giusta ed io avevo approfondito l’orma di un tuo errore per un’emozione di estraneità. ”