Nel 1986 sembrava ancora naturale per degli scrittoridichiarare di essere, come disse Shelley, “i misconosciuti legislatori del mondo”, di credere nell’arte delle lettere come giusto contrappeso del potere, e di vedere nella letteratura una nobileforza transnazionale e transculturale che poteva, secondo la grande formulazione di Bellow, “allargare un poco l’universo”. Vent’anni dopo, in un mondo ammutolito e spaventato, semplici artigiani delle parole avrebbero trovato più difficile fare certe dichiarazioni. Più difficile, ma forse non meno necessario.
“Devo avere una reggia. Non sono una principessa, ma sono una diva del cinema e come tutte le regine dovrei avere il mio palazzo.”
“La libertà non fa per noi: siamo troppo ignoranti, boriosi, presuntuosi, codardi, vili e corrotti, siamo troppo legati ai piaceri e all'ozio, siamo schiavi della fortuna a tal punto da non conoscere affatto il prezzo della libertà.”
“La nonna se ne andava via, triste, scoraggiata, ma sempre sorridente, giacché era così umile di cuore e così dolce che la sua tenerezza per gli altri e il poco conto che faceva della propria persona e delle proprie sofferenze, si conciliavano nel suo sguardo in un sorriso dove, diversamente da quel che si vede nel volto di molti esseri umani, non v'era ironia se non per se stessa, e per tutti noi invece come un bacio dei suoi occhi che non potevano posarsi su coloro che le erano cari senza accarezzarli appassionatamente con lo sguardo.”
“Lavoriamo continuamente per dare forma alla nostra vita, ma copiando nostro malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che siamo e non di quella che ci piacerebbe essere.”
“Quanto guadagna in tranquillità chi non si preoccupa di cosa il vicino dice, fa o pensa, ma solo di ciò che egli stesso fa.”