“Un fronte freddo autunnale arrivava rabbioso dalla prateria. Qualcosa di terribile stava per accadere, lo si sentiva nell’aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. Raffiche su raffiche di entropia. Alberi irrequieti, temperature in diminuzione, l’intera religione settentrionale delle cose era giunta al termine. Neanche un bambino nei giardini. Ombre e luce sulle zoysie ingiallite. Querce rosse e querce di palude e querce bicolori riversavano una pioggia di ghiande sulle case senza ipoteca. Le controfinestre rabbrividivano nelle stanze da letto vuote. E poi il ronzio monotono e singhiozzante di un’asciugabiancheria, la contesa nasale di un soffiatore da giardino, il maturare di mele nostrane in un sacchetto di carta, l’odore della benzina con cui Alfred Lambert aveva ripulito il pennello dopo la verniciatura mattutina del divanetto di vimini.”
“- Minchia, mi si ghiacciono 'e palle. Si può sapere che ci stiamo a fare qua fuori?- Dobbiamo fare presenza.- Sì, ci facciamo pure la polmonite così.”
“Mai potrai smettere di amare la terra con cui hai condiviso il freddo.”
“È il freddo che brucia. Nulla scotta come il freddo, ma non dura molto. Perché una volta che è dentro di te comincia a riempirti, finché non ti rimane più la forza per combatterlo. Ti siedi, ti addormenti. Molto più facile. Dicono che quando si avvicina la fine, non senti più niente, diventi debole, intontito, tutto comincia a svanire.”
“Oggi sono stato in un bar ho chiesto qualcosa di caldo e mi hanno dato un cappotto.”
“Guarda la neve che imbianca tutto il Soratte e gli alberi che gemono al suo peso, i fiumi rappresi nella morsa del gelo. Sciogli questo freddo, Taliarco, e aggiungi legna al focolare; poi versa vinovecchio da un'anfora sabina. Lascia il resto agli dei.”