“- Che c'è?- Niente, sono contento che esisti!”
“C’è un piacere intrinseco nel lavoro ben fatto, un lavoro che siamo stati noi, proprio noi, a fare, con le nostre abilità, dando prova di dedizione. E così, lentamente, forse impercettibilmente, nasce quel piacere dei piaceri: il «piacere dell’attaccamento», la cui salutarecrescita si deve in uguale misura alle qualità dell’oggetto di cui ci si prende cura e alla qualità delle cure. Quell’elusivo ma fin troppo reale e irresistibile piacere dell’«Io-Tu», del «viviamo l’uno per l’altro», del «siamo una cosa sola». Il piacere di «fare una differenza» che non sia importante solo per sé. Di avere un effetto e lasciare un segno. Di sentirsi necessari e insostituibili. Una sensazione profondamente piacevole, anche se tanto difficile da ottenere e completamente irraggiungibile, se non inconcepibile, quando ci si trova soli con la cura di sé, quando l’attenzione è concentrata in modo angusto sulla creazione, affermazione e valorizzazione di se stessi. Quella sensazione può venire solo dal sedimentarsi del tempo, di tempo riempito dalle cure – le cure che sono il filo prezioso di cui sono intessute le tele rilucenti dell’attaccamento e della comunanza.”
“- Olaf ti stai sciogliendo!- Vale la pena sciogliersi per qualcuno.”
“Quando ero bambino avevo una disposizione affettuosa, ma non abbastanza da venire arrestato.”
“Non erano quasi più tornati sull’argomento, in un tacito accordo di non fare domande per non avere risposte. Una sorta di omertà affettiva per un quieto vivere senza imbarazzi.”
“Nessuno sopporta il tuo dolore, la tua tristezza, nemmeno chi ti ama di più. ”