“Di notte, quando sono a letto, nel buio della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano, sono gli occhi della mia coscienza.”
“Il giudice non solo deve essere, ma anche apparire indipendente.”
“Tutta la vita dell’animaumana è un movimento nella penombra. Viviamo, nell’imbrunire della coscienza, mai certi di cosa siamo o di cosa supponiamo essere.”
“Io non voglio indifferenzavoglio più coscienza.”
“La coscienza, come guida, non può bastare. Basterebbe forse, ma se essa fosse castello e non piazza, per così dire; se noi cioè potessimo riuscire a concepirci isolatamente, ed essa non fosse per sua natura aperta agli altri. Nella coscienza, secondo me, insomma, esiste una relazione essenziale… sicuro, essenziale, tra me che penso e gli altri esseri che io penso. E dunque non è un assoluto che basti a se stesso, mi spiego? Quando i sentimenti, le inclinazioni, i gusti di questi altri che io penso o che lei pensa non si riflettono in me o in lei, noi non possiamo essere né paghi, né tranquilli, né lieti; tanto vero che tutti lottiamo perché i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre inclinazioni, i nostri gusti si riflettano nella coscienza degli altri. E se questo non avviene, perché… diciamo così, l’aria del momento non si presta a trasportare e a far fiorire, caro signore, i germi… i germi della sua idea nella mente altrui, lei non può dire che la sua coscienza le basta. A che le basta? Le basta per viver solo? per isterilire nell’ombra? Eh via! Eh via! Senta; io odio la retorica, vecchia bugiarda fanfarona, civetta con gli occhiali. La retorica, sicuro, ha foggiato questa bella frase con tanto di petto in fuori: «Ho la mia coscienza e mi basta».”
“Non vuoi capire che la tua coscienza significa appunto gli altri dentro di te?”