Uno studio lessicale sul termine “creatività”, o meglio sull’inglese creativity, mostrerebbe che il suo più largo uso non è avvenuto nell’ambito e nell’epoca dell’estetica romantica, quando pure più si parlava di “creazione” a proposito dell’invenzione artistica e quando più l’artista pareva essere dotato di virtù sovrannaturali e demiurgiche. La creativitàcompare invece a metà del Novecento e il suo luogo è l’incrocio fra la cultura e i mass-media. La vera mitologia della creatività si innesta su usi della parola (e dell’area concettuale) di tipo non direttamente artistico, o non pienamente artistico. Gli ambiti a cui la creatività è stata associata più di frequente, e quasi per antonomasia (sino a qualificare i rispettivi addetti come “creativi” o le sue produzioni come “creazioni”) sono la pubblicità e la moda prêt-à-porter. Entrambi (come il loro intreccio) sono impensabili senza comunicazioni di massa.
“La paura di aver sbagliato è il primo inibitore del processo creativo.”
“Non puoi più creare tutto. Il mondo stesso è una satira. Tutto ciò che fai è registrarla.”
“La paura degli uomini di fronte all'energia creativa delle donne non ha mai trovato un'espressione più chiara e completa di questa: per la donna, bambini, cucina, chiesa.”
“La creatività è come qualsiasi altra cosa buona: devi aspettarla.”
“La creazione è la rivoluzione più grande e più pura di tutte, e alla fine costringe tutto il resto a seguire i suoi passi.”