Uno studio lessicale sul termine “creatività”, o meglio sull’inglese creativity, mostrerebbe che il suo più largo uso non è avvenuto nell’ambito e nell’epoca dell’estetica romantica, quando pure più si parlava di “creazione” a proposito dell’invenzione artistica e quando più l’artista pareva essere dotato di virtù sovrannaturali e demiurgiche. La creativitàcompare invece a metà del Novecento e il suo luogo è l’incrocio fra la cultura e i mass-media. La vera mitologia della creatività si innesta su usi della parola (e dell’area concettuale) di tipo non direttamente artistico, o non pienamente artistico. Gli ambiti a cui la creatività è stata associata più di frequente, e quasi per antonomasia (sino a qualificare i rispettivi addetti come “creativi” o le sue produzioni come “creazioni”) sono la pubblicità e la moda prêt-à-porter. Entrambi (come il loro intreccio) sono impensabili senza comunicazioni di massa.

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Tratto dal Book Il falò delle novità: Il mito della creatività fa scintille

Stefano Bartezzaghi
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Nato 20 luglio 1962

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