“Credevo che la cosa più brutta fosse vederti andare via. Vederti infelice, però, è stato molto peggio.”
La gente vive inconsapevolmente, ma non lo vede. Continua a ripetere: “La mia vita è infelice”, e afferma di non voler vivere nell’infelicità, ma continua a scaricare la responsabilità su qualcos’altro, su qualcun altro: il fato, la società, la struttura economica, lo Stato, la chiesa, la moglie, il marito, la madre; comunque il responsabile è qualcun altro.
“Quando sei un po’ meno infelice, la chiami felicità. Non è vera felicità, si tratta solo di una minor infelicità, rispetto al normale; quando quella quantità aumenta, entri in uno stato d’angoscia. Ma sono tutti stati di infelicità, che a volte diminuisce e a volte aumenta; in ogni caso, tu non hai ancora conosciuto la felicità. Certo, hai conosciuto il piacere... Il piacere si ha quando si dimentica l’infelicità. L’infelicità resta, ma te ne dimentichi. Vai al cinema, ti coinvolgi nella trama, sei così attento da farti prendere dalla storia, al punto che ti dimentichi di te: per due, tre ore esisti come se non esistessi; poi, una volta uscito dal cinema, rientri nel tuo sé abitudinario e nella tua routine di infelicità.”
“Un uomo che reprime sarà inevitabilmente infelice, poiché tutto ciò che ha represso si dibatterà, lotterà dentro di lui per riaffiorare, per riconquistare potenza.”
“Senza il sé non esiste la possibilità di essere infelici.”
“Sei infelice perché sei inconsapevole; ma poi cerchi di diventare ancora più inconsapevole, per non sentire di essere infelice.”