“Ho provato a fare surf in Brasile una volta, ma sono impacciato.”
“Tutto quello che accade in acqua è ineffabile – non si può descrivere a parole. Giudicare l’onda è fondamentale, Ma come si fa a scomporre gli elementi da valutare? Sei a cavallo della tavola nell’avvallamento tra due onde e non riesci a vedere oltre la cresta che si alza davanti a te. Se il tempo si fermasse potresti provare a rispondere che secondo i tuoi calcoli c’è un 50% di possibilità che la prossima onda ti offra un takeoff circa dieci metri a lato e un po’ più in fuori rispetto al punto dove ti trovi in quel momento. Ma il tempo è ovvio non si può fermare…”
“Nel surf c’era sempre questo orizzonte, questa linea del terrore, che lo rendeva diverso da qualsiasi altro sport, di sicuro da quelli che conoscevo io. Potevi anche praticarlo insieme agli amici, ma quando arrivavano le onde grosse, o ti trovavi nei guai fino al collo, sembrava che non ci fosse mai nessuno lì a darti una mano.”
“Non puoi fermare le onde, ma puoi imparare a padroneggiare il surf.”
“Uno: il surf mi rompe le palle. Due: il modo in cui affronti questo caso mi rompe le palle. Tre: tu mi rompi le palle!”
“Ehi... Sto cavalcando una montagna!”